Pietro Scalia, figlio di emigrati in Svizzera, è nato a Catania. Dicono di lui che sia rimasto quel ragazzo con il cinema nel sangue. A soli 18 anni andò a studiare a Los Angeles grazie ai risparmi di casa e a una borsa di studio elvetica.
Pietro Scalia
Partì con l’idea di fermarsi solo quattro anni, invece rimase per ben sette, sempre grazie alle borse di studio. L’Italia per lui significava vacanze estive. Per il resto Pietro è cresciuto con i classici in tv, come La strada, Ladri di biciclette, Paisà. E Totò, l’immenso Totò, che ancor oggi dice di guardare per nostalgia. Erano le radici quelle e il suo orgoglio. Da ragazzo sognava di fare il regista, poi ha scoperto che la migliore scuola di cinema è la sala di montaggio. Dopo qualche anno di gavetta con Oliver Stone in Platoon o Nato il 4 luglio è diventato uno dei più grandi montatori del mondo. Quattro candidature all’Oscar, due statuette, e una trentina di titoli cui ha dato ritmo, forma, e una logica profonda. Ricordiamo Il piccolo Buddha e Io ballo da sola, e i film di Ridley Scott, incluso Black Hawk Down, suo secondo Oscar.
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Pietro Scalia premio oscar
Per Pietro Scalia da ragazzo il cinema insomma era il sogno, il riscatto, la possibilità di reinventare il mondo. Oggi ha 54 anni e nel suo campo è una star. Resta indimenticabile la scena da lui montata con cui si apre Il gladiatore di Scott, una sua idea. È l’inquadratura di Russell Crowe che passa la mano sul campo di grano. Il montaggio di un film dura nove mesi, a volte un anno, e inevitabilmente si crea un rapporto molto intimo col regista.“Montare” un film è come montare i pensieri, perché è questo il vero potere di chi crea un sogno. Non è semplice intercettare i sentimenti della platea da catturare. Il viaggio dell’eroe protagonista non è fatto solo di azione. La trasformazione è interiore. Il montaggio deve accordare il ritmo visivo del film con quello, segreto, del cuore. Ma è un lavoro lungo e minuzioso.
Complice del regista
Si tratta di un lavoro artigianale, in cui si sceglie registi e film seguendo anche la propria intuizione; stabilendo con loro una complicità creativa molto forte. Pochi lo sanno, infatti, ma il montatore è il primo complice del regista. È lui a fare la prima stesura del film. È sempre lui che mette in fila tutte le scene previste dalla sceneggiatura, per dare una prima forma al girato che arriva giorno per giorno.
Lui che poi s’inabissa col regista alla scoperta del film ideale, nascosto in tutte quelle ore d’immagini, che appunto dura circa nove mesi. Solo dopo il film è mostrato ai produttori, che intervengono con proposte e consigli. Prima nessuno vede niente. Per questo la prima proiezione è così importante. Si crea una situazione delicata. A Hollywood solo i più grandi, Spielberg, Scorsese, Scott, ieri Stone, hanno diritto al final cut, ovvero all’ultima parola sul montaggio.
Montare un film
Tuttavia, si cerca sempre di mediare, perché bisogna trovare un accordo, e il film deve piacere a tutti. Secondo Scalia, poi, è molto più facile avere il final cut se fai un film che costa poco. Ma da 60 milioni di dollari diventa molto più complicato. Ricorda Scalia, che quando vinse l’Oscar per Jfk di Oliver Stone era molto giovane, molti attribuirono a Stone il merito. Oggi è diverso e i meriti sono più riconosciuti. In ogni caso, c’è un’energia incredibile in quello che fa Pietro Scalia, e a Hollywood è davvero una colonna portante. Infine, il film con lui non è mai banale, e ha sempre il suo stile. Si può difficilmente criticare, ma c’è sempre una certa magia nel suo “immenso lavoro”.
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